di Giorgia Rizzo ed Elèna Trombetta*
Il nostro Clan/fuoco durante il periodo del primo lockdown si è adattato alle situazioni, cercando di coltivare il senso di comunità anche a distanza. E si è posto davanti a tante domande, cercando delle risposte, in particolare riguardo il servizio. Sentivamo l’esigenza di fare qualcosa, non potevamo essere indifferenti rispetto a ciò che succedeva intorno a noi. Ci siamo chiesti se noi potessimo fare servizio, per aiutare i più bisognosi, ma la risposta è stata negativa: non era possibile, data la situazione e la responsabilità che i capi avevano nei nostri confronti, dare una mano nella mensa del gruppo. Ci siamo allora interrogati su cosa potessimo fare per essere sentinelle delle difficoltà che le persone intorno a noi stavano vivendo, e di cui non potevano renderci direttamente conto.
Da qui l’idea di fare un’inchiesta: un lavoro che sarebbe potuto servire per un futuro servizio e per rimanere ricettivi verso i bisogni delle persone. E abbiamo deciso di concentrare la nostra indagine sulle nuove povertà: quante persone si stavano rivolgendo ora alle mense? Molte più di prima? Che tipo di persone si trovano oggi a dover chiedere aiuto perché in difficoltà?
Per capire queste cose abbiamo contattato vari responsabili delle mense e delle attività di solidarietà, coinvolgendo la nostra mensa del Duomo, la mensa del Conventino, l’attività di distribuzione della Croce Verde. Abbiamo posto delle domande ai nostri intervistati che potevano farci arrivare a capire il problema.
Abbiamo scoperto che i numeri dei bisognosi è aumentato, triplicato, e ci sono stati quindi nuovi impoverimenti. La tipologia di persone che si rivolgeva alle mense erano soprattutto famiglie, oltre che singoli, e sempre più persone “italiane” rispetto a prima. Abbiamo anche riscontrato che assieme alle esigenze alimentari vi erano altre difficoltà, per esempio nel pagare bollette, reperire medicine e altri prodotti di necessità, alle quali parrocchie e associazioni cercavano di sopperire.
La risposta delle mense è stata positiva, tutti sono riusciti a riorganizzarsi nella difficoltà per fare comunque servizio. Purtroppo ciò che abbiamo riscontrato, però, è stata la mancanza di coordinazione e dialogo fra le varie realtà, che non riescono a fare rete.
Un altro aspetto che è emerso è quello che le attività di solidarietà esistono per sopperire ad una mancanza che proviene dal Comune e dalle varie istituzioni. C’è di base una mancanza di diritto, che non viene riconosciuto alle persone in difficoltà.
Quest’estate, finito il lockdown, abbiamo deciso di incontrare le persone intervistate per confrontarci sui dati che avevamo constatato e rilanciando la nostra proposta: costruire una rete, dialogare di più per coordinarci ed agire meglio.
Dalla nostra inchiesta, nel mese di ottobre, è nata poi una Veglia R/S che si è tenuta alla chiesa del Monte, un luogo centrale per il nostro territorio. Abbiamo presentato la nostra inchiesta attraverso una scenetta e poi avviato un dialogo con gli altri gruppi invitati. E’ stato un momento per interrogarci tutti sul Servizio e per rilanciare quella che è la nostra sfida: impegnarci come rover e scolte a fare qualcosa per aiutare le persone che si trovano in difficoltà, molto di più rispetto a prima in periodo di emergenza, e coinvolgere altre persone nelle nostre azioni di servizio.
La sfida è stata lanciata, e come branca R/s stiamo già lavorando su un altro passo da fare per aiutare gli altri in ogni circostanza.
*Scolte del Clan Up
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